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Il manifesto di Orda Pride 2024
Quello di Orda Pride 2024 non è il solito MANIFESTO!
Quello di Orda non è il solito manifesto: il Pride è sì festa e celebrazione, ma prima di tutto è politica e lotta. E quindi vi presentiamo La Festa Manifesta!
La comunità queer intersezionale di officine mai+ si propone come luogo di decostruzione collettiva della cultura patriarcale e dell’antimeridionalismo introiettato e di elaborazione collettiva di nuove narrazioni terron-froce e transfemministe: siamo incontro di storie, identità, bisogni e lotte, facciamo emergere il non detto e facciamo cassa di risonanza per tutte le voci ignorate, soffocate e oppresse.
Da questione meridionale a questioni dal meridione: queer è anche questioning, e quindi continuiamo ad interrogarci ogni giorno, a mettere in discussione, a ragionare insieme a chi vuole dare il proprio contributo a questo documento collettivo.
Parliamo di quello che conosciamo e che viviamo quotidianamente, ci esponiamo su quello che desideriamo cambiare con la nostra azione quotidiana, andiamo a fondo delle questioni per rafforzare le nostre idee e per generarne di nuove.
Quello che leggerete è una prima condivisione di ragionamenti frutto di incontri, assemblee, ascolto, confronto.
Vogliamo continuare a scrivere La Festa Manifesta! durante e dopo la Queeresima insieme a chiunque voglia dare il proprio contributo alla piccola grande rivoluzione terron frocia che è appena iniziata 🙂
Compilate il form o scriveteci via mail a officinemaipiu@gmail.com per entrare in contatto con noi e per proporre uno spunto di riflessione per La Festa Manifesta!
Chi siamo
- Siamo persone e collettività autodeterminate, autentiche e assolutamente fiere di esserlo.
- Siamo chi scegliamo di essere e rivendichiamo la libertà di definirci.
- Siamo terrone con lo sguardo senza confini.
- Siamo una comunità che collabora per costruire una società nella quale ogni persona possa semplicemente ESSERE, senza pregiudizi ed ostacoli.
- Il pride che vogliamo parte dal basso, è partecipato, comunitario, politico, indipendente, autodeterminato, antifa, anticoloniale, anticapitalista, ecologico, accessibile, transfemminista, intersezionale, queer
- è pratica terron frocia, uno spazio safer, luogo di cura e rispetto reciproco
- Il pride che vogliamo si muove nello spazio e nel tempo tra presente e passato per costruire il futuro ribaltando categorie e significati
- Il pride che vogliamo è di una comunità in transizione permanente
- Il pride che vogliamo è orda pride. E lo facciamo, insieme.
Cos'è Orda Pride
Orda pride non esiste; esiste nelle nostre teste, è il nostro stimolo, la miccia per il cambiamento. Orda pride ancora non c’è; stiamo provando a farlo insieme a chi sente il bisogno di dare concretezza alle istanze, alla lotta, alle idee.
Orda Pride è una realtà in divenire per attivare e realizzare la società che vogliamo.
Partiamo dal nome orda. Abbiamo preso questa parola spesso utilizzata con una accezione negativa, generalmente utilizzata per indicare un nucleo di persone sporche e percepite come pericolose (es.orda di barbari).
Il nostro modo sovversivo sta nel riappropriarci del linguaggio, ribaltando i significati e contribuendo a creare un nuovo senso. La nostra orda è ispirata dal significato generale:
gruppo umano la cui struttura è caratterizzata dall’uguaglianza dei membri, risultando quindi privo di capi, in un collettivo percorso di costruzione, in cui ogni singola persona è importante.
Una narrazione non retorica ma fattiva, reale, fattuale.
La stessa parola QUEER ha vissuto un percorso di riappropriazione e ribaltamento, passando dall’essere un insulto ad essere un termine proprio della comunità stessa che ha iniziato ad utilizzarlo sotto una nuova luce.
Abbiamo preso parte della nostra cultura di appartenenza per sottolineare il senso stesso della nostra azione, della preparazione, del percorso, del cammino, della fatica che ci porta verso Orda Pride. Non un solo giorno, non una festa, ma un movimento costante in perenne trasformazione.
Per dare il giusto respiro a questo vortice di pensieri e parole, abbiamo costruito un percorso di appuntamenti, che abbiamo ribattezzato Queeresima, quaranta -più o meno- giorni che dal #rainbowday del 19 maggio ci accompagnano alla parata di Orda Pride del 29 giugno. Durante la QUEERESIMA affrontiamo alcuni dei temi che porteremo in strada attraverso talk, laboratori, proiezioni, feste.
ORDA PRIDE è il 29 giugno per ricordare una parte di storia ancora fondamentale, i MOTI DI STONEWALL, e recuperare quel senso di lotta, di organizzazione della comunità e per la comunità che ha ribaltato la prospettiva della vita e dell’esistenza delle persone LGBTQIA+, rendendole visibili.
Il 28 giugno 1969 a New York un noto bar del greenwich village, punto di riferimento per tutta la comunità LGBTQIA+ locale, subì l’ennesima retata da parte delle forze dell’ordine. La polizia fece irruzione nel bar ed arrestò i gestori e tutti gli avventori sprovvisti di documenti o “indecorosamente abbigliati”. Ma quella notte la comunità si ribellò, reagì alle violenze e costrinse la polizia a rintanarsi nel locale. Il giorno dopo, 29 giugno 1969, 2000 persone si riversarono nelle strade per manifestare tutta la loro rabbia per la condizione che vivevano. Orda Pride è il 29 giugno per ricordare che la rabbia e la consapevolezza sono necessarie per cambiare le cose, che il pride non è una festa, ma una rivendicazione collettiva.
Simbolo e icona dell’ORDA PRIDE è pertanto DIVINE, regina dei reietti, dell’underground, prima drag queen a portare in scena ciò che era comunemente era ritenuto brutto, orribile, disgustoso e giocarci per farlo diventare divertente.
LA PUTTANA D'ITALIA
Una sera prima di andare a dormire ti metti a guardare qualcosa online, opti per una serie leggera tardo adolescenziale italiana e scopri che il Salento, la tua terra, viene nominata “la puttana d’Italia”. Spegni, chiudi gli occhi e pensi “Ma come siamo arrivate a questo?”
Partiamo da Lecce, 15 anni fa più o meno, quando abbiamo sentito le prime esternazioni sul concetto di sicurezza. “Rendere la città più sicura ed agibile” sono state le parole che hanno messo in moto un impianto che oggi mostra tutte le sue ramificazioni. Nel 2011 è stata emanata la prima ordinanza cosiddetta anti-bivacco, che impediva di sedersi per terra e consumare un pasto prima, semplicemente sedersi per terra poi. Poi niente musica per la strada , venditori ambulanti solo in alcune strade e solo se in regola con il permesso per artigiani. Una serie di provvedimenti ha inasprito le condizioni di permanenza delle attività nel centro storico, rendendolo sempre più a misura delle attività commerciali che delle persone e dei loro bisogni. Provvedimenti che hanno portato alla progressiva, inesorabile, migrazione delle attività sociali e culturali al di fuori delle mura del centro storico.
Quest’ultimo ha visto la crescita nel numero di luoghi deputati alla permanenza temporanea, con la progressiva espulsione di residenti e consumatori di socialità varia. La chiamano gentrificazione, ma vuol dire solo che la città non è più a misura delle persone, non favorisce la coesistenza e la mescolanza di persone di classe e provenienza diversa, ma si preoccupa di creare benessere materiale. Il centro storico di Lecce offre possibilità minime di residenze per abitazione, perché stracolmo di b&b e case vacanze; le poche abitazioni presenti non sono alla portata di semplic3 lavorator3. Di conseguenza, diminuiscono anche le attività commerciali non turistiche e culturali.
Ma poi come è finita? No, non è finita. Sta cambiando ancora, copia e incolla nel resto della provincia. Tantissime persone visitano il Salento e trascorrono qui le vacanze, rispondendo al disegno di crescita delle città. Frotte di persone che vanno al mare, mangiano e ballano la pizzica. Ma non conoscono il territorio e la fatica che ha fatto per prendersi il suo posto. Abbiamo sperato che ci fosse un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro per chi qui vive e lavora tutto l’anno con l’implementazione delle attività del terzo settore e dei servizi. Ma non è successo. I contratti di lavoro sono rimasti precari, 14 ore al giorno a 8 euro lorde quando va bene. Nessun giorno di riposo e nessuna pausa.
Il Salento è anche una delle mete più conosciute per il turismo lgbtqia+ in Europa, che nella prospettiva sociologica di lettura di questo fenomeno dovrebbe essere una cosa positiva perché riguarda la percezione di safeness di un luogo. Ma tra teoria e pratica c’è di mezzo un mare di lavoro sottopagato in assenza di tutele per le persone che lavorano all’interno delle strutture “queer lgbtqia+ friendly”, un vuoto cosmico in quanto a formazione del personale su diversità-equità-inclusione-
I safer space possono esistere nella realtà, non solo nel mondo delle idee. Ma per essere reali, devono allontanarsi dalla logica del profitto e presentare come condizione base l’attenzione e la cura per le persone che questi spazi li attraversano, a partire da chi ci lavora, altrimenti le etichette e le bandiere sono puro washing.
Il vuoto normativo e politico nel quale ci troviamo può essere colmato dal basso. Ci prendiamo spazio per una riflessione su due temi che ci stanno particolarmente a cuore.
E’ noto che da almeno 20 anni la Puglia, in quanto meta di tursimo sessuale, è destinazione ultima di persone che subiscono riduzione in schiavitù e tratta. Per noi anche il sex work merita tutta la dignità quando è una scelta personale e consapevole e non un’imposizione. Ci siamo spesso occupate del tema per liberarlo dai tabù e dalle percezioni di osservatori spesso inclini al giudizio negativo. In questa prospettiva inseriamo anche il consumo di sostanze psicoattive che deve restare una scelta personale, ma non criminalizzata a livello istituzionale. Sarebbe importante che la politica e le istituzioni lavorassero per tutelare le libere scelte e per eliminare i rischi per la salute e per il benessere delle persone.
I tabù e il proibizionismo di stato non fanno altro che alimentare ed arricchire le organizzazioni mafiose. E qui, nella terra di confine, è tutto molto evidente.
La vita delle persone va tutelata in qualunque situazione, non solo a convenienza e nei consultori. Non ci sono cittadine di serie a b c. Siamo tutte uguali, abbiamo tutte diritto ad avere diritti.
BUCO DI CULO DEL MONDO
Sarà capitato anche a voi di sentirvi dire che siamo “in culo al mondo”. Ma lo diciamo anche noi perchè effettivamente è vero. La mobilità fuori dal Salento e dentro il Salento, anche per raggiungere luoghi vicini, è datata, inutile, sconfortante, poco adatta ad una terra che si definisce meta turistica.
Ma spostarsi è indispensabile per diverse ragioni. Ragioni di studio e lavoro in primis. Molti comuni non hanno le scuole se non quelle dell’obbligo e quindi le adolescenti devono necessariamente spostarsi per raggiungere le scuole. Per l’università spesso si decide di andare a studiare fuori dal territorio perché la locale università non offre la stessa qualità e le stesse possibilità delle università del nord, perché il sud da sempre non è la terra delle grandi occasioni. Non parliamo poi della sanità. Il numero di ospedali è stato notevolmente diminuito e spesso anche privato di competenze e professionalità, tanto da causare una vera e propria migrazione verso territori che hanno “centri di eccellenza” Per i percorsi di affermazione di genere, lo spostamento è obbligatorio, visto che l’unico centro che li pratica in Puglia è Bari. Ed una volta arrivate a Bari, non sempre l’accoglienza e la professionalità sono quelle necessarie all’unico servizio del territorio.
A rispondere a tutte le mancanze ci prova quotidianamente un tessuto associativo sempre più in crescita, tant’è che viene da chiedersi se c’è un’associazione per ogni bisogno insoddisfatto. Il panorama associativo è uno dei più floridi, basta vedere i dati del RUNTS (Registro unico nazionale del Terzo settore), anche se ancora molto giovane e in via di maturazione: è la risposta delle persone che si rendono conto delle mancanze e provano a costruire reti di supporto e possibilità di miglioramento per le condizioni di vita e occupazionali.
C’è un grande supporto alle associazioni nelle intenzioni, di pratico c’è molto meno: bisognerebbe iniziare dal riconoscimento della figura dell’operatore culturale, o meglio dell’operaia culturale e di altre figure professionali per poter realmente iniziare a parlare di welfare culturale e di benessere psicofisico delle persone che lavorano per colmare i vuoti, senza i limiti dei contratti nazionali ma con un impegno e un carico emotivo enorme.
NON IMMAGINAVAMO*
Capita spesso di sentir dire da persone che non vivono il territorio tutto l’anno “non immaginavamo” che ci fosse una comunità queer così attiva.
Ci siamo rese conto che i pregiudizi legati al sud sono ancora tanto diffusi, anche tra chi viene a trascorrere le vacanze qui, a chi ci viene per lavorare, a chi decide di avviare un progetto di vita.
ricorda un po’ tanto quell’attitudine colonialista della quale speravamo di esserci liberate, quel pensiero disumanizzante che riduce il valore di una persona in base al luogo dal quale proviene.
- sei di taranto? peccato!
- sei di Lecce? allora sai ballare la pizzica!
- terrone
- questi non hanno niente
- vivono come animali
- stanno solo a pascolare
A sentirsi dire tutte queste cose ripetutamente, ci si sente in una posizione di svantaggio che è difficile scrollarsi di dosso. è una base di pensiero, un’infrastruttura mentale che diventa infrastruttura fisica e ti porta all’immobilismo.
Ma attraverso attività concrete, impegno, analisi, ci riappropriamo del senso reale delle cose, dando il giusto valore alle nostre identità e progettualità.
Riconosciamo che la violenza del patriarcato pervade tutta la nostra cultura e le tradizioni. Nascere nel buco di culo del mondo vuol dire doverci fare i conti, ancora e tuttora in università, in famiglia, coi dottori, con i preti, per strada, al bar, in piazza, a lavoro, in spiaggia, a scuola, al supermercato.
mancherà qualcuno o qualcosa, poi lo aggiungiamo
Prima come persone e poi come comunità portiamo avanti numerosi ragionamenti per l’emersione e il riconoscimento delle pratiche patriarcali a partire da noi stesse e poi per diffondere il messaggio che non è necessario continuare a portare avanti un mondo che fa cose in modalità poco adeguate e/o non adatte anche noi.
PRIDE CCENE? CA QUISTI SIMU
Pride cosa? Che questi siamo
Il lavoro che portiamo avanti come attiviste è continuo e quotidiano.
Il pride per noi non è solo una festa, ma un moto di rivoluzione permanente.
Non siamo nelle condizioni storiche e sociali per poter demandare ad una sola giornata o ad una settimana le questioni che rivendichiamo.
C’è bisogno di cura continua delle persone e delle comunità: è un atto politico di responsabilità nei confronti di noi stesse e delle generazioni future.
Siamo aperte a realtà che non si riconoscono nel rainbow washing, nel pink washing, purple washing, nel greenwashing e tutte le altre lavate di faccia capitaliste, non solo nella teoria ma anche, e soprattutto, nella pratica.
Abbiamo deciso che l’unica strada possibile è cambiare il punto di vista: da periferia dell’impero a centro del mediterraneo, e questo impone delle responsabilità. Non possiamo non pensare che dall’altra parte del mare nostrum c’è un genocidio in corso e che su altre rive dello stesso mare (che si scalda sempre di più) sono migliaia le situazioni di ingiustizia, conflitto, sfruttamento, fame, poverà, guerra, morte.
E intanto i grandi 7 sono venuti in Puglia a decidere per tutt*, blindati in un resort di extra lusso (vedi punto 1), qui nella nostra puttana d’Italia.
Crediamo che sia giunto il momento di dare corpo e struttura a tutto il lavoro che si svolge sul territorio, alla elaborazione, discussione e proposte per superare mancanze e necessità. Crediamo che serva uscire dai confini delle comunità e trattare le questioni importanti in maniera intersezionale, non a compartimenti stagni per elaborare e restituire alle persone la totalità della loro esistenza, non solo come membri di comunità, ma anche come entità calate nel presente del loro tempo e del loro spazio, con esigenze, competenze, specificità, bisogni e diritti. Ed utilizzare spazi come il pride come giusta cassa di risonanza per tutte le voci
WE ARE ORDA IN PUGLIA
Nelle splendide cartoline dalla Puglia ci sono alcune cose che non si vedono:
ve ne proponiamo alcune, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, che potete usare come hashtag: mafia, cultura patriarcale, inquinamento dell’aria, terreni contaminati, massoneria, fascismo, corruzione, machismo, mascolinità tossica. L’elenco è lungo e in continua evoluzione, come le nostre vite.
Il Salento non è solo la Lecce da cartolina e la Gallipoli del loisir. È una terra abusata e sfruttata per motivazioni economiche. È la terra il cui sottosuolo è stato utilizzato per lo scarico di sostanze nocive e dannose per la salute di tutte. è la terra di Cerano e della Colacem, del gasdotto Tap e della pista NTC di Porsche.
È la terra nella quale ancora si spara in pieno giorno ed in luoghi pubblici, per far valere la propria forza ed il proprio potere ed è ancora il luogo nel quale chi vive confonde diritti e favori. Ancora pensiamo che per andare in un ufficio pubblico per delle pratiche, per avere una visita urgente serva “un amico”.
E purtroppo è anche una terra nella quale l’eredità di una cultura nella quale si portano avanti modelli di maschile e femminile non attuali e non adatti alla società odierna, in costante mutamento. Ci sono ancora i colori per i bambini e per le bambine e le cose da “maschi” e le cose “da femmine”, scomparti separati nei quali non si può entrare se non appartieni a quella categoria. Questo tipo di società non può essere accogliente finchè misura tutto con la lente del “modello di riferimento”. Nessuna sarà libera di essere autentica, è il motivo per cui questo manifesto è stato pensato in questo modo. Non vogliamo isolare la comunità e le comunità dalla società che viviamo perché non ha veramente alcun senso farlo.
Vogliamo che i valori di riferimento siano il rispetto e la cura di tutte le persone perché solo insieme possiamo costruire una modalità diversa di esistenza, di riappropriazione di se stesse e del territorio intorno. è un percorso che è già iniziato, ma che non finisce con il Pride nè il giorno dopo.
Come persone parte di una comunità in transizione permanente sappiamo che l’agire quotidiano di ogni individuo ha effetti scalabili a livello globale: è per questo che nelle nostre rivendicazioni ci sono questioni che vanno dal locale al globale, e l’elenco è in continuo aggiornamento.
Questo non è l’unico mondo possibile, lo sappiamo, e faremo in modo di raggiungere tutti i nostri obiettivi.
Siamo Orda Pride, e lo stiamo facendo.
Pretendiamo:
- cessate il fuoco immediato in tutti i conflitti in corso nel mondo e la risoluzione attraverso il dialogo
- l’assunzione di responsabilità di tutte le istituzioni nel dare applicazione ai principi fondamentali della Costituzione
- la riforma del diritto di famiglia, del lavoro e del welfare in ottica relazionale e queer
- il riconoscimento dello stato di Palestina
- l’introduzione del salario minimo
- l’introduzione dello ius soli
- l’introduzione della “patente del cibo” per rendere esplicite le informazioni relative al luogo di produzione e alle condizioni in cui il lavoro è svolto
- la tutela delle persone migranti e chiusura dei CPR
- la tutela per tutte le persone che richiedono una interruzione di gravidanza;
- la tutela del patrimonio ambientale e criminalizzazione di privati o aziende che deturpano l’ambiente naturale italiano e globale
- la tutela della laicità dello Stato
- l’introduzione della figura dell* psicolog* di base su tutto il territorio nazionale
- stop alle terapie di conversione
Nella nostra Regione:
- approvazione della legge regionale omolesbobiatransfobia
- educazione sessuo-affettiva nelle scuole, mentoring e ascolto
- introduzione della carriera alias nelle scuole
- obbligo di formazione su antidiscriminazione e molestie per chi lavora nelle organizzazioni che si occupano dei festival culturali pugliesi e per il personale dei comuni
- carriera alias per il personale degli uffici pugliesi
- aggiornamento della lista figure professionali, tenendo in considerazione tutte le professioniste per il lavoro sociale e culturale che non vengono riconosciute come categorie specifiche, ma come sottocategorie di altre professionalità che non fanno riferimento al non profit
- possibilità di accesso ai servizi del centro per l’affermazione dell’identità di genere di Bari in tutti i distretti sanitari della regione
- strutture sanitarie in grado di includere e accogliere le differenze per accedere a visite e cure senza difficoltà
- gestione della crisi ambientale che coinvolge la flora, con la desertificazione e la Xylella, la fauna, anche in caso di predatori come il lupo, e l’acqua, risorsa scarsissima ma essenziale.
- stop accordi con Israele da parte delle Università e riconoscimento Stato di Palestina
- non legittimazione delle associazioni di matrice fasciste all’interno delle Università
- Tutele dalle differenze di privilegi finanziari e sociali che distinguono cittadini del nord da quelli del sud
La Festa Manifesta non si ferma con Orda Pride!
Vogliamo continuare a scrivere La Festa Manifesta! insieme a chiunque voglia dare il proprio contributo alla piccola grande rivoluzione terron frocia che è appena iniziata 🙂
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